Educare alle differenze nelle scuole di ogni ordine e grado: le leggi a sostegno
L’educazione alle differenze, volta a prevenire le discriminazioni contro ogni diversità, con particolare riferimento alle discriminazioni di genere, al fine di informare, formare e sensibilizzare studenti e studentesse, docenti e genitori, è attualmente prevista dalla legge italiana e da una serie di fonti nazionali e sovranazionali e costituisce un corollario di numerosi principi generali del nostro ordinamento, a differenza di quanto vogliono far credere campagne di comunicazione reazionarie e diffamatorie. Anzi, risulta cruciale nell’ambito delle competenze che alunne e alunni devono acquisire, come scritto nelle Raccomandazioni del Parlamento Europeo relative alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2016). Nella ricezione italiana del provvedimento, nella macro-area delle Competenze di Cittadinanza che alunne e alunni devono acquisire, fondamentale aspetto riveste nella scuola l’educazione alla lotta ad ogni tipo di discriminazione e la promozione ad ogni livello del rispetto della persona e delle differenze. Tale educazione non ha uno spazio e un tempo definiti, ma è connessa ai contenuti di tutte le discipline, con la conseguenza che ogni insegnamento e docente concorre al superamento o al consolidamento di stereotipi e discriminazioni e ha il mandato di favorire la crescita culturale, emotiva e relazionale degli studenti e delle studentesse, attraverso una loro partecipazione attiva, in tutte le tappe del processo educativo. Quando si presenta un progetto a una scuola o a un’altra istituzione educativa può essere molto utile inquadrarlo dentro questa cornice non solo per fornirgli legittimità, ma anche per diffondere nei contesti scolastici la consapevolezza che questo tipo di attività educative fa parte del mandato di chi insegna.
Non c’è ombra di dubbio, infatti, che i progetti educativi volti alla parità e all’inclusione di ogni differenza diano attuazione ai princìpi fondamentali di pari dignità e non discriminazione di cui all’articolo 3 della Costituzione Italiana:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
I progetti per educare alle differenze nelle scuole trovano espressione e completamento in altri precetti costituzionali (quali, ad esempio, gli articoli 2, 4, 6, 21, 30, 34, 37, 51) e nei valori costitutivi del diritto internazionale ed europeo che proibisce ogni tipo di discriminazione. Tali valori sono solennemente ribaditi dall’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (2000/C 364/01), così come dall’articolo 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Senza alcuna pretesa di esaustività e in via esemplificativa, elenchiamo alcuni articoli di legge e riferimenti normativi che impegnano le scuole a promuovere programmi di educazione al rispetto delle differenze in tutti gli ordini e gradi con azioni progettate e inserite nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa. Questi ribadiscono, ancora una volta, che il contrasto alle discriminazioni, il superamento di stereotipi e pregiudizi così come l’inclusione di tutte e tutti a scuola non rientra nelle “opinioni personali” o nell’ideologia di singoli/e insegnanti, ma è parte integrante del mandato della scuola pubblica.
In particolare:
- Il comma 16 della Legge 107/2015 (la Buona Scuola) che recita testualmente: il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni legge, dalla 15 ottobre 2013, n. 119”. In riferimento a questo strumento legislativo il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha emanato la circolare n. 1972 del 15/09/2015 avente oggetto: “Chiarimenti e riferimenti normativi a supporto dell’art. 1 comma 16 legge 107/2015” per ribadire che i progetti di educazione al genere e alle differenze dei Piani dell’Offerta Formativa delle scuole, non sono quello che la che crescente ondata diffamatoria sulla cosiddetta “teoria gender” vorrebbe far credere, ma l’attuazione dei principi di pari opportunità, l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazione presso le scuole di ogni ordine e grado.
- In attuazione del comma 16 della legge 107/2015, sono state sviluppate nel 2018 le Linee Guida intitolate Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione. Anche il comma 1 della Legge 128/2013 sottolinea l’importanza dell’aumento delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità, delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere”. Con l’art. 16) di questa Legge sono stanziati 10 milioni di euro “per attività di formazione e aggiornamento obbligatori del personale scolastico” su molti temi, quali la disabilità, l’integrazione e accoglienza degli immigrati nella scuola, diretta tra l’altro all’aumento “delle competenze relative all’educazione all’affettività, al rispetto delle diversità e delle pari opportunità di genere e al superamento degli stereotipi di genere, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 5 del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119”
- L’articolo 5 della legge n. 119/2013 e il suo correlato Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, sancisce che: obiettivo prioritario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare per superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini nel rispetto dell’identità di genere, culturale, religiosa, dell’orientamento sessuale, delle opinioni e dello status economico e sociale, sia attraverso la formazione del personale della scuola e dei docenti sia mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa e didattica. Inoltre, si estende l’ambito di intervento anche agli studenti e alle studentesse in quanto all’art. 5 al comma 2 punto c) indica tra le finalità del piano di azione quella di “promuovere un’adeguata formazione del personale della scuola alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e promuovere, nell’ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali, nella programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare delle scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti e delle studentesse al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo”.
La Raccomandazione del marzo 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (CM/REC (2010)5), recepita dal Governo italiano nel novembre 2012, ha previsto “misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”. Con riferimento all’Istruzione, nell’interesse superiore del fanciullo, il Consiglio d’Europa invita gli Stati membri ad adottare tutte le misure appropriate, nei riguardi del personale insegnante e degli allievi, per garantire il diritto all’istruzione, senza discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, in un ambiente scolastico sicuro, al riparo dalla violenza, dal bullismo dall’esclusione o da discriminazioni degradanti nonché per promuovere la tolleranza e il mutuo rispetto a scuola. Tali misure dovrebbero comprendere informazioni oggettive sull’orientamento sessuale e l’identità di genere, per esempio nei programmi scolastici e negli strumenti pedagogici, nonché la fornitura agli studenti della protezione e del sostegno necessari per consentire loro di vivere secondo il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere tenendo conto del diritto dei genitori di curare l’educazione dei propri figli.
Sempre nel 2010, l’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha pubblicato il documento “Standard per l’educazione sessuale in Europa” che, analizzando storicamente e geograficamente le questioni relative all’educazione sessuale scolastica di cui si afferma la necessità, rileva l’eterogeneità dell’Europa sia nell’inserimento dell’educazione sessuale tra le materie curricolari (in particolare biologia ed educazione alla cittadinanza) sia con riferimento alla formazione dell’insegnante incaricato ed analizza le prospettive, i contenuti e le soluzioni in materia anche divise per fasce d’età in relazione alle diverse esigenze prevedendo che già ai bambini dai 4 ai 6 anni si parli di relazioni tra persone dello stesso sesso e delle diverse concezioni di famiglia. L’educazione sessuale infatti deve essere basata sulla sensibilità al genere pur prevedendo che i genitori siano “coinvolti nell’educazione sessuale scolastica, vale a dire ne saranno informati prima dell’inizio e avranno la possibilità di esprimere i loro desideri e le loro riserve”.
Nel febbraio 2012 l’allora Ministra Fornero, aderendo ad un progetto del Consiglio d’Europa, denominato “Combattere le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere”, finalizzato ad offrire assistenza finanziaria e tecnica agli Stati membri nel potenziamento di politiche di contrasto alla discriminazione nei confronti delle persone Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali e trans) ha allargato il mandato dell’UNAR per effetto del quale, nel giugno 2013 esso ha pubblicato la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” che riguarda educazione e istruzione, lavoro, carceri, comunicazione e media e stabilisce gli obiettivi anche per il mondo della scuola. La Strategia si avvale anche dei risultati della prima indagine sulla materia su scala nazionale, finanziata dal Dipartimento per le Pari Opportunità “La popolazione omosessuale in Italia” elaborata dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) nel 2012, dalla quale emerge il generale riconoscimento in Italia della persistente discriminazione verso omosessuali ed in particolare verso i transessuali, effetto della difficoltà ed imbarazzo ad accettare l’omosessualità
Il quadro normativo italiano, dunque, stabilisce l’obbligo per la scuola di combattere stereotipi e pregiudizi, a cominciare da quelli legati al genere, presso tutti gli attori della comunità scolastica e di realizzare percorsi educativi di valorizzazione delle differenze per prevenire la violenza maschile contro le donne, i bullismi, le discriminazioni e il razzismo.
Dalla prospettiva sovranazionale, la Convenzione di Istanbul, adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011, entrata in vigore il 1° agosto 2014, rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Particolarmente rilevante è il riconoscimento espresso della violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani, oltre che come forma di discriminazione (art. 3). La Convenzione stabilisce, inoltre, un chiaro legame tra l’obiettivo della parità tra i sessi e quello dell’eliminazione della violenza nei confronti delle donne. Per quanto qui più specificamente interessa, l’art. 14 prevede l’inclusione nei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado di materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli studenti e studentesse.
Nel dicembre 2013 l’UNAR ha pubblicato le “Linee-guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT” che si aprono con la spiegazione dell’acronimo LGBT ed approfondiscono in particolare il significato dei termini e delle definizioni di uso in materia e proseguono con l’indicazione. È seguita la produzione di 3 opuscoli, pubblicati nel febbraio 2014 e intitolati “Educare alla diversità a scuola” (indirizzati rispettivamente alla scuola primaria e alla secondaria di primo e secondo grado), al fine di fornire indicazioni agli insegnanti per affrontare i temi del “genere” in classe ed interventi didattici di prevenzione e contrasto all’omofobia e al bullismo omofobico. Gli opuscoli sono stati criticati e la questione ha costituito oggetto di interrogazione in commissione (Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01247) a seguito della loro mancata distribuzione.