L’educazione al consenso e alle relazioni non si improvvisa.
A Montecitorio il ministro Valditara annuncia un decalogo contro le molestie nelle scuole. Si pregia di aver affidato il progetto a Alessandro Amadori, autore con lo stesso ministro del manifesto della lega per governare il paese e psico-politogolo di destra noto per i suoi lavori su Berlusconi.
Intanto a Bari, ospitata da un Istituto Comprensivo, la Rete Educare alle differenze presenta “Che fare? Tutto quello che avreste voluto sapere per contrastare le violenze di/del genere a scuola”: 2 anni di lavoro, tantissime associazioni e centri antiviolenza coinvolti, decine di interviste con tutta la comunità scolastica (dirigenza, insegnanti, corpo studentesco e personale scolastico), per elaborare strategie, indicatori e strumenti operativi per riconoscere tutte le forme che assume la violenza di genere: tra pari e in famiglia, a scuola o nelle relezioni di intimità, contro le donne o nei confronti delle persone gay, lesbiche, trans o non binarie.
Un testo agile, competente, autorevole, che in poche ore ha ricevuto centinaia di download.
Per il Governo la ricetta contro la violenza di genere si compone di 3 ingredienti: inasprimento delle pene, esaltazione del voto in condotta, educazione al femminile e al maschile. Ma per fortuna c’è chi l’educazione al genere nelle scuole la fa davvero e sempre più si diffondono pratiche educative e strumenti per educare alle differenze, promuovere relazioni consensuale, educare alla libertà di essere chiunque tu voglia, fuori da gabbie, binarismi e storie già scritte.
Ogni anno la Rete Educare alle differenze crea due giorni di auto formazione gratuita aperta a insegnanti, educatori/educatrici, genitori, attivist3 e professionist3 del mondo educativo.
L’ultimo meeting a Bari concluso oggi ,24 settembre, ha visto oltre 500 persone da tutta Italia prendere parte a laboratori, tavole rotonde, assemblee plenarie, spettacoli. Perché è solo nell’ascolto e confronto con chi vive le scuole di ogni ordine e grado, a partire da discipline, sguardi e contesti diversi, che si può costruire un ragionamento complesso, oltre gli slogan. Un ragionamento capace di considerare i femminicidi non come fatti di cronaca che accadono per iatture, ma come frutto di una cultura eteropatriarcale, sistemica, pervasiva e omolesbobitransfobica.
È nella collaborazione di chi la scuola la vive ogni giorno, di chi ha fatto dell’educazione e della ricerca il suo mestiere che si crea un vero cambiamento. Un cambiamento che vede una “scuola fuori dai bordi” come cita il titolo dell’edizione appena conclusa, affinché non sia il merito a definirci né qualsiasi altro confine.